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L’errore è solo una forma di feedback

By Luglio 26, 2020Novembre 25th, 2020No Comments

La differenza fra un lavoratore efficace e uno che non lo è la si scopre osservando il suo atteggiamento di fronte agli errori. L’insieme di comportamenti che una persona mette in atto quando si trova di fronte ad un errore permette di discernere quale struttura di valori, credenze e giudizi stiano in quella persona.

Potrei punteggiare questo post con migliaia di citazioni, da “la differenza fra sconfitta e vittoria …” di Churchill al “chi si ferma è perduto” di Antonio De Curtis, dalle ricerche di pedagogia di Maria Montessori alla teoria del reinforcement learning di Sutton, ma in fondo sarà sufficiente introdurre un solo principio alla base di tutti gli studi sull’apprendimento:

Non esiste apprendimento senza errore

Per validare questo principio è sufficiente prendersi un attimo di tempo e riflettere sul comportamento dei bambini. Fin dai primi anni apprendono le competenze necessarie per sopravvivere attraverso una serie grande quanto basta di sfide: camminare, parlare, raccogliere oggetti.

Tutto passa attraverso una serie di feedback che l’ambiente circostante restituisce. L’ambiente è composto dai genitori, i fratelli e tutto quello che i bambini non possono influenzare deliberatamente, ma che ha un effetto su di loro. Esistono diverse forme di apprendimento e diverse teorie per spiegarlo, ma tutte queste ci parlano solo di come la persona scopra quali sono i comportamenti possibili. Quello che però consolida quanto osservato e ascoltato è solo l’esperienza e il feedback che questa esperienza ci dà.

In SmoothJob lavoriamo all’applicazione dell’intelligenza artificiale per risolvere i problemi in ufficio e un concetto ci è chiaro: i modelli che addestriamo prevedono lo sviluppo di un agente che apprende il comportamento desiderabile all’interno dell’environment nel quale si trova a vivere. Questo apprendimento è di fatto realizzato attraverso una serie di iterazioni nelle quali l’agente sperimenta diverse possibili azioni ricevendone dei feedback che gli permettono di aggiornare di volta in volta le proprie aspettative e discernere nel tempo quali siano le azioni migliori.

Vi ricorda qualcosa? Sì, questo è proprio quello che facciamo noi ogni giorno in ufficio: raccogliere i feedback dell’ambiente di lavoro che ci circonda e correggere il tiro. Possiamo allora tracciare una identità efficace fra questi due elementi, possiamo scrivere:

errore = feedback

Ecco, l’errore è solo un feedback, niente di più. Ma allora perché questo feedback ci fa così male? I nostri agenti virtuali non conoscono la sofferenza nè il dolore nè la frustrazione, quando raccolgono il feedback aggiornano alcune loro equazioni interne e ripartono per l’iterazione successiva.

Noi invece viviamo questo errore come una bocciatura, come una conferma di alcune voci spettrali che si aggirano nel nostro intimo più profondo: “ecco vedi? Non sei capace. Tu lo sai e ora lo sanno tutti”, “lascia perdere, meglio che ti ritiri. Evitiamo altri scivoloni”, “hanno ragione loro: non è cosa per me, non posso farcela”. L’errore spesso lo viviamo come una pietra tombale sulle nostre aspirazioni, sui nostri desideri.

In verità quello che ci danneggia non è l’errore, ma la nostra reazione all’errore, è il portato emotivo che noi associamo all’errore e che da esso scaturisce. L’errore è un feedback, l’ho già detto? Quello che fa la differenza è la nostra reazione.

Quello che fa la differenza fra una persona efficace in ufficio e una inefficace è la sua capacità di reagire all’errore. In apertura abbiamo detto che non ci saremmo dilungati in citazioni sul tema ma penso che l’esperienza significativa di un uomo che di errori ne ha fatti tanti possa essere utile.

Imparare dalla Storia

Winston Churchill tutti lo consideriamo un vincente e tutti noi gli dobbiamo qualcosa. Eppure se aveste chiesto a uno dei suoi contemporanei di descrivere Winston probabilmente vi avrebbe parlato di un uomo fallimentare. Durante la prima guerra mondiale Churchill, in qualità di primo lord dell’Ammiragliato inanellò una serie non invidiabile di errori e mosse azzardate che rischiarono di compromettere seriamente le sorti del suo amato Impero.

Ecco, se Churchill si fosse fatto fermare da queste valutazioni dei suoi contemporanei, se Churchill avesse reagito al feedback datogli da quel fallimento rinunciando alle sue aspirazioni politiche, ritirandosi a vita privata, la storia sarebbe andata diversamente. Noi oggi dobbiamo la nostra libertà anche alla sua reazione in quel frangente.

E’ chiaro adesso perché dobbiamo imparare a reagire ai nostri errori? Non possiamo lasciare che gli errori ci atterrino, ci arrestino, perché ciascuno di noi ha un potenziale massimo da esprimere, seppure diverso per ciascuno di noi, ed è nostro dovere esprimerlo.

In questa serie di post ci concentreremo allora sull’errore e impareremo a gestirlo come un feedback. Il nostro discorso si svilupperà in due direttrici:

Andrea Cirillo

Andrea Cirillo

Senior Audit Quantitative Analyst in Intesa Sanpaolo, Andrea ha coltivato fin dagli studi universitari l’interesse per i temi del comportamento organizzativo. In seguito ha ottenuto una certificazione internazionale in consulenza manageriale e controllo interno presso l’International Institute of Internal Audit e la specializzazione in Organizational behaviour presso la Macquarie University.

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