Nella mia carriera lavorativa ho avuto diverse volte problemi con i capi.
Ricordo l’esperienza come qualcosa di molto frustrante. Vivevo in un continuo stato d’ansia perché incapace di instaurare una buona relazione con loro, anche a causa di richieste in orari impossibili, maldicenze e l’impossibilità di capire esattamente cosa pensassero veramente del mio lavoro.
Nel tempo, studiando e sperimentando le teorie e i metodi disponibili, ho imparato a gradualmente risolvere questi problemi e con i miei capi attuali ho una relazione costruttiva e serena.
Guardandomi attorno ho visto però che molti hanno oggi i miei stessi problemi di allora. Come ho avuto modo di scoprire attraverso l’esperienza di altre persone, l’insieme di principi, comportamenti e strumenti appresi nel mio percorso si rivelano validi per quanti si trovano ad affrontare questo genere di problemi. Per questo ho deciso di scrivere questo post, per condividere anche con te quanto ho imparato, perchè tu lo possa provare sulla tua pelle e risolvere i tuoi problemi con i capi.
consigli da non seguire
Il problema è che in giro si leggono articoli abbastanza assurdi su come risolvere questi problemi, anche su testate che dovrebbero essere autorevoli. Articoli con consigli tipo:
-
“renditi invisibile”,
-
“cambia lavoro”
-
“affrontalo di petto”.
Perfino il professore di Harvard Bob Sutton, nel suo libro metodo antistronzi alla fine non dice altro che questo:
-
evitate gli stronzi,
-
state attenti a non essere stronzi pure voi
-
tutto sommato essere stronzi può avere dei vantaggi nel breve periodo.
Ma ti pare che questi consigli possano essere d’aiuto concreto? Quando il problema è il capo la tattica dello struzzo sul lungo periodo è inutile se non dannosa. Verrà sempre il momento in cui ci si dovrà confrontare con lui e non aver instaurato una buona relazione potrà solo complicare le cose. Così pure il suggerimento di cambiare lavoro, per quanto in astratto sia una buona soluzione, nel concreto non è così semplice, soprattutto in questo periodo. Lasciamo perdere infine il consiglio militaresco “affrontatelo di petto”, che può solo comportare scontri diretti. Questa soluzione infatti, per quanto lì per lì può sembrare liberatoria, in conclusione potrà solo portare danni, visto che sappiamo chi ha il coltello dalla parte del manico (chiaramente è un’immagine retorica, a meno che tu non lavori in cucina).
come avere (davvero) una buona relazione con il capo
E quindi? Quindi nella mia esperienza e in tutto quello che ho trovato da leggere di scientifico su questo argomento (vedi la bibliografia minima alla fine), ci sono tre pilastri principali sui quali si regge una buona relazione con il capo:
-
Concentrati su quello che puoi cambiare tu
-
Non sparlare del tuo capo con i colleghi
-
Evita le shallow task
Tra poco passeremo a guardare ogni punto nel dettaglio, ma una prima osservazione va fatta: sono tutti punti che riguardano te. Per applicarli non è necessario il contributo del tuo capo né dei tuoi colleghi. Tutti i tre punti sono in mano tua. Come vedremo la loro realizzazione presuppone determinazione e impegno, ma posso assicurare per l’esperienza mia e di altri, che i risultati saranno soddisfacenti.

Infine si tratta di comportamenti basati sulla migliore letteratura disponibile sull’argomento (vedi sempre la bibliografia di seguito). Come direbbero gli inglesi, sono suggerimenti “science-backed”.
concentrati su quello che puoi cambiare tu
Non per caso questo comportamento sta all’inizio. Questa è la vera chiave di volta di tutto il sistema. Perché? Perché molto spesso la tua ansia deriva da preoccupazioni per cose che sono fuori dal tuo controllo. Applicare questo comportamento invece richiede di riconoscere una verità molto spesso trascurata: fra lo stimolo che ricevi dall’esterno e la tua reazione non c’è un rapporto di causa effetto.
Non siamo animali, non reagiamo d’istinto. Fra lo stimolo che riceviamo e la nostra risposta c’è la nostra libertà.

Molto spesso invece noi ci comportiamo come fossimo meccanismi di un ingranaggio, obbligati a girare nel verso dei meccanismi che entrano a contatto con noi: se ci trattano bene reagiamo bene, se ci trattano male finiamo sotto scacco. Entriamo in modalità reattiva. Siamo metereopatici. E questo è un ingrediente importante dei tuoi problemi con il capo: lasci che sia il suo comportamento a influenzare il tuo. Questo l’ho visto molto spesso nella mia storia: quando il capo mi trattava bene ero contento e lavoravo bene, quando invece mi trattava male entravo in un loop, lavoravo male e questo lo portava a trattarmi ancora peggio.
Per arginare tutto questo è stato necessario ricentrare l’origine del mio comportamento fuori dal mio capo. Si tratta di capire quali sono i principi corretti in base ai quali agire. Magari poi scriverò un altro post su questi principi, per ora basti quello che ci siamo detti: una delle fonti dei problemi con il capo è che lasci decidere a lui il tuo comportamento, invece di fare leva sulla tua libertà.
non sparlare del tuo capo con i colleghi
Se il primo comportamento ti sarà sembrato difficile da realizzare, questo ti sembrerà impossibile.
Quanto è bello infatti potersi concedere dieci minuti di battute e critiche sul proprio capo con i colleghi? Ricordare insieme quell’episodio in cui disse un’emerita idiozia o prese una sonora cantonata? oppure lamentarsi perché nonostante gli sforzi fatti il capo non ha mai avuto un complimento per noi?
È bello e rilassante, ma torno a ripetere, a che serve? Vediamo insieme le conseguenze:
-
hai raccontato eventi e dettagli che, probabilmente, verranno usati dai colleghi anche per sparlare di te ( magari nel tuo ufficio si sparla solo del capo, per carità, ma ho conosciuto anche uffici nei quali si sparlava pure dei colleghi…)
-
nel caso il tuo capo lo dovesse scoprire questo potrebbe solo peggiorare il tuo rapporto con lui o addirittura dare luogo a delle ritorsioni
c’è poi un fenomeno da tenere in considerazione, quello che io chiamo il moltiplicatore. Infatti anche se il tuo capo non lo venisse a sapere alla fine della “sparlata” ti troveresti sicuramente con un astio ancora maggiore di quello che nutrivi in partenza, a parità di fatti. Proprio come succede alle valanghe infatti, anche questo genere di fenomeni si autoalimenta.
So che la saggezza popolare incoraggia questo genere di “sessioni di sparlata”, quasi fosse un diritto sancito nello statuto dei lavoratori. Ma nella mia esperienza e in quella di molti, liberarsi di questa abitudine è stata una delle mosse più decisive per risolvere i miei problemi al lavoro. Non sei d’accordo? Sarei curioso di leggere la tua difesa della “sparlata” nei commenti.
evita le shallow task
Veniamo all’ultimo comportamento. Questo sta proprio dritto dritto dentro la tua sfera di influenza. Avrei potuto anche denominarlo “dedicati al deep work” o “renditi indispensabile”, ma questo titolo mi è sembrato il meno fuorviante.
Qui stiamo parlando di dedicare il maggior numero di risorse possibili, in termini di tempo ed energia, allo svolgimento di attività di importanza sostanziale e difficilmente replicabili. Queste attività sono quelle che Cal Newport definisce deep work. Sono le attività che richiedono di applicare le proprie conoscenze a fondo, di acquisirne delle altre e che generano nuovo valore. Sono quel genere di attività che ti rendono distinguibile e difficilmente sostituibile. Per intenderci, queste sono le attività che sul medio periodo ti fanno avere una promozione o sviluppano quelle competenze che ti rendono più appetibile sul mercato del lavoro.
In questo senso si oppongono alle shallow task e cioè quelle attività ripetitive, a scarso valore aggiunto che sono facilmente replicabili.
Ecco, concentrarsi sul deep work ti permetterà di migliorare la tua posizione all’interno dell’ufficio e per questa via migliorare il tuo capo. Un deep worker è infatti molto utile in un ufficio, a volte anzi diventa indispensabile. Inoltre, anche se il tuo capo non dovesse apprezzare, sarai comunque posizionato meglio nel mercato del lavoro grazie alle competenze che avrai acquisito ;).
Lo so che non è facile il giusto tempo a queste attività, l’ho sperimentato per primo. Per primo però ho sperimentato anche i concreti benefici che questo approccio comporta. Ma di questo magari potrò scrivere più a fondo in un altro post.
Conclusioni
Come vedi i comportamenti che suggerisco non sono qualcosa di superficiale. A differenza dei suggerimenti dei quali parlavo all’inizio non si tratta di semplici espedienti. Volendo ricorrere alla materia militare, questa non è tattica, è strategia. Sicuramente la sua applicazione richiede quindi un impegno molto maggiore, ma soprattutto richiede di rivedere alcune concezioni e abitudini consolidate.
Sono certo però che hai già intravisto i benefici che l’esercizio di questi comportamenti comporterebbero. L’esperienza mia e di molti altri permette di concludere che questi comportamenti sono alla base di relazioni sane con il proprio capo.
fai un breve esperimento
E quindi? E quindi ti suggerisco un esperimento: prova ad applicare questi tre comportamenti per 30 giorni, un mese. Se qualcuno te lo chiede spiega pure perché lo stai facendo, e nel caso non funzioni dai pure la colpa a me. Se ci proverai seriamente in 30 giorni potrai già vedere i semi della nuova pianta germogliare e sono certo che vorrai continuare ad annaffiarla anche nei giorni successivi.
Una nota finale: e se nonostante questi comportamenti il rapporto con il tuo capo non dovesse cambiare? anzitutto tu avrai imparato a non lasciare che il suo comportamento influenzi il tuo stato d’animo e poi, applicando soprattutto il primo e il terzo comportamento, avrai migliorato il tuo status professionale e accresciuto la tua occupabilità, fuori o dentro la tua azienda. Insomma, comunque vada sarà un successo.
Sei d’accordo con quello che hai letto? Fammelo sapere nei commenti e se ritieni che possa servire a qualche tuo conoscente condividilo pure attraverso i canali che trovi su questa pagina (sì certo che te lo dico per farlo diventare virale, ma tu condividilo solo se a te è servito e pensi possa servire a chi conosci).